LA COLPA LA PENA L’ESTASI IN DANTE DA GUSTAVE DORÈ ALL’IMMAGINARIO CONTEMPORANEO

Venerdì 20 novembre 2009 alle ore 18.00 presso la Sala Grande in Palazzo Sersati, Piazza Matteotti 8, verrà inaugurata la nuova mostra della Fondazione Cassa di Risparmio di Imola.
Alla presentazione saranno presenti :
Sergio Santi Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Imola
Valter Galavotti Assessore alla Cultura del Comune di Imola
Serena Simoni Storica e critica dell’arte
Walter Pretolani Curatore della mostra

Questa mostra suggella la ristampa, da parte della Fondazione, del Commento alla Commedia di Benvenuto Rambaldi, tradotto da Giovanni Tamburini e stampato per la prima volta da Galeati negli anni 1855 – 1856.

Gustave Doré, nel 1861, con centotrentacinque illustrazioni creava quella straordinaria architettura visiva della Divina Commedia diventata talmente nota, e popolare, da concedere poche vie di scampo agli illustratori successivi. La sua opera, non a caso, è tuttora ristampata in grandi tirature.
La mostra presentando, nella prima parte, le tavole del Doré disposte una a fianco dell’altra, dà al visitatore il raro piacere di poter ammirare, con un colpo d’occhio, la successione delle immagini : dalla colpa alla pena e infine l’estasi.

La seconda parte della mostra presenta le opere di artisti-illustratori, nostri contemporanei, che si cimentano con singoli personaggi o situazioni interne alle tre cantiche dantesche e qui siamo nel cuore della mostra : quella del debito e dell’affrancamento dal Doré. Infatti, quando lasciamo la sala del Doré veniamo immessi nel Limbo, a cui seguono le tavole dei diavoli che Dante non ha nominato. Poi l’immersione visiva nell’Inferno, nel Purgatorio e nel Paradiso.
Il risultato è in ogni caso potente e impressionante nella meticolosità della ricerca, nell’acume e nell’ardore messo da ogni artista nel dar forza espressiva all’immaginario che suscita la lettura dantesca oggi.
Uscendo rivedremo il Doré e potremo ammirarne ora la feconda continuità temporale e al tempo stesso, la lontananza dalle sue certezze e da quelle del Divino poeta.

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