PRESENTATA LA SCULTURA DI GERMANO SARTELLI ESPOSTA ALLA BIENNALE DEL 1964

A tre anni dalla scomparsa dell’artista imolese Germano Sartelli, 7 settembre 2014, la Fondazione Cassa di Risparmio di Imola ha reso pubblica l’opera “Scultura”, donata dalla famiglia alla Fondazione nel maggio 2016, ed ora ospitata in una struttura appositamente realizzata nel cortile interno del Centro Polivalente Gianni Isola.
L’opera d’arte fa parte di quella serie di forme metalliche in ferro di grande dimensione, accartocciate, traforate e di intonazione fitomorfa, e venne esposta nel 1964 alla XXXII Biennale di Venezia, insieme alla scultura “gemella” presente nella collezione del Museo San Domenico di Imola
L’opera, eseguita nel 1963, di 2 mt di altezza per 3.30 di larghezza, è stata rivisitata dall’artista, il quale aggiunse, in un secondo momento, nodini di ferro per rafforzare la struttura che nel tempo aveva perso corporeità e resistenza causa intemperie e il passare degli anni.

Germano Sartelli
Nato nel 1925, dal 1938 al 1944, Germano Sartelli frequenta un laboratorio imolese di intaglio del legno. Dopo la guerra inizia a frequentare il mondo culturale bolognese e qui, nel 1958, allestisce la sua prima mostra personale al Circolo della Cultura, presentato da Maurizio Calvesi. Utilizzando materiali poveri o di recupero, Sartelli esordisce nel mondo dell’Informale con una proposta che mostra grande sensibilità e partecipazione nei confronti di relitti artificiali e naturali che, nelle sue ricomposizioni, vengono condotti a ordine e forma pur nell’accettazione e nell’ostentazione della loro insita precarietà e fragilità. L’artista utilizza per le sue opere frammenti di reti, lamiere corrose, lattine schiacciate, grovigli di filo di ferro, stracci, carte gettate e con essi eleva un lirico canto alla rinascita di una concretezza e di una autenticità che affondano idealmente nelle sapienze fabbrili della più povera cultura contadina. La natura resta un suo termine di riferimento privilegiato: tra spontaneità germinative e ordini indotti dal lavoro umano. Nel tempo utilizzerà anche mozziconi di sigarette e ragnatele: monumenti artistici a “relitti esistenziali” e a quanto di più precario possa esistere. Parallelamente svolge una attività all’interno dell’Ospedale psichiatrico Luigi Lolli della sua città. Su questo aspetto della sua arte, la Fondazione Cassa di Risparmio di Imola ha realizzato nel 2006 un documentario dal titolo “L’atelier. Germano Sartelli e i laboratori di Arteterapia all’Ospedale psichiatrico di Imola”. Sulla scorta di esperienze francesi di “arte terapia”, Sartelli viene incaricato nel 1952 di tenere all’interno della struttura clinica imolese un laboratorio di pittura che presenta al pubblico i suoi primi risultati presso la Fondazione Besso di Roma nel 1954: la prima mostra italiana di opere di degenti di un ospedale psichiatrico. Sia nei relitti della vita sia nei rifiuti materiali Sartelli tenta di sollecitare scintille di vita, di poesia e di bellezza. Lo scopo di una vita. Nel 1962 espone alla Galleria Alibert di Roma, sempre presentato da Calvesi. Il suo nome viene accostato a quelli di Alberto Burri e di Jean Dubuffet. Nel 1963 espone alla Galleria de’ Foscherari di Bologna – che, con la Galleria l’Incontro di Imola, diventerà la sua galleria di riferimento per tutta la vita – i “ferri”: Il suo utilizzo di materiali extrapittorici trovano apprezzamento anche alla Biennale di Venezia del 1964 dove viene invitato da un comitato composto da Calvesi, Afro e Fontana. Negli anni Sessanta il suo rapporto con la natura e il territorio agricolo natale lo portano ad utilizzare vimini, paglie e ciocchi di legno. Negli anni Settanta torna a legni e ferri e a lamiere e metalli. Sartelli ha partecipato a numerose mostre collettive, ha tenuto molte personali, e ha esposto alla Galleria de’ Foscherari negli anni 1963, 1969, 1974, 1977, 1981, 1989, 1991, 1994, 1999, 2001, 2004, 2008 e 2009. Si sono occupati del suo lavoro, tra gli altri, Maurizio Calvesi, Andrea Emiliani, Claudio Spadoni e Roberto Daolio.

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